Cambio di destinazione d’uso: come e quando si può fare?

Quando si procede con una compravendita immobiliare, può accadere che l’immobile venga messo in vendita con una destinazione d’uso differente rispetto a ciò che si può evincere dagli atti che ne attestano la legittimità edilizia.

Capiamo cosa si intende per cambio di destinazione d’uso, quando si può cambiare la destinazione d’uso di un immobile e quali sono le regole da seguire per farlo in maniera corretta, così da evitare eventuali problemi e insidie.


Cambio di destinazione d’uso: cos’è?

La Legge che norma il mutamento di destinazione d’uso, in passato conosciuto semplicemente come cambio di destinazione d’uso, è abbastanza recente: fino al 2014, infatti, erano gli enti locali, le Regioni e i Comuni a emanare la propria normativa, cosa che ha creato diversi problemi interpretativi e pratici, poi finalmente normati dalle leggi urbanistiche recenti.

Con mutamento di destinazione d’uso si intende, nell’ambito urbanistico e catastale, una modifica delle finalità di utilizzo di un’unità immobiliare, come potrebbe ad esempio avvenire con il passaggio da ufficio ad abitazione e viceversa.


Quando si può cambiare destinazione d’uso?

La destinazione d’uso di un immobile può essere cambiata laddove le caratteristiche dell’edificio e degli ambienti si adattino in tutto e per tutto alla nuova funzione, e nel caso in cui lo consentano regolamenti e strumenti urbanistici comunali.

Attualmente, la norma prevede sette diverse categorie funzionali per gli immobili:

  1. Residenziale
  2. Industriale
  3. Commerciale al dettaglio
  4. Turistico/ricettive
  5. Servizi
  6. Deposito
  7. Agricole

Per cambiare la destinazione d’uso da magazzino ad abitazione, ad esempio, è essenziale che il fabbricato sia idoneo alle specifiche richieste per un’unità residenziale e che l’adeguamento sia contemplato nel Piano Urbanistico Regionale.


Quando non è possibile cambiare destinazione d’uso?

Il cambio di destinazione d’uso, però, non è sempre possibile: ogni caso va adeguatamente approfondito.

Uno dei motivi principali che impediscono la ristrutturazione dell’edificio per cambiarne la destinazione d’uso è spesso dovuto all’inadeguatezza degli ambienti che lo compongono, riconducibile all’impossibilità di soddisfare le normative igienico-sanitarie o alle specifiche caratteristiche richieste per la destinazione d’uso, che possono variare da Comune a Comune, come ad esempio i rapporti aeroilluminanti.

Talvolta sono invece i piani urbanistici del Comune in cui si trova l’immobile a impedire che in uno specifico luogo si sviluppi una determinata attività: proprio per tale motivo, è consigliabile sempre consultare il Piano Regolatore presso l’Ufficio Tecnico del Comune, così da verificare che non vi siano limiti relativi alle funzioni degli immobili in determinate aree del territorio.


Quali documenti servono per cambio destinazione d’uso?

Date le insidie poste da questo tipo di modalità, è bene capire cosa fare per cambiare la destinazione d’uso di un immobile, così da non incappare in illeciti che possono portare a sanzioni pecuniarie importanti.

Si tratta di un procedimento in cui, per i non addetti ai lavori, potrebbe essere difficile districarsi.

Innanzitutto, per mutare la destinazione d’uso di un immobile, occorre presentare una richiesta urbanistica al Comune di competenza territoriale, e ottenere eventuali permessi a costruire.

Solo successivamente, sarà possibile procedere alla registrazione del cambiamento di stato presso l’ufficio del Catasto, che comporterà l’aggiornamento della documentazione fiscale e la modifica dei valori catastali.

Qualora si debbano effettuare interventi edilizi per la modifica della destinazione d’uso, sarà necessario richiedere i permessi urbanistici obbligatori al Comune.


Quanto costa il cambio di destinazione d’uso

È naturale chiedersi quanto costa cambiare destinazione d’uso di un immobile, un processo insidioso, tra burocrazia e termini tecnici: sono diversi i fattori da tenere in considerazione e che possono influire sulle spese.

In generale, le principali voci di spesa sono le opere di ristrutturazione necessarie per adattare gli immobili alla nuova funzione, i costi dei professionisti incaricati di espletare le pratiche urbanistiche e catastali e gli oneri di urbanizzazione.

Alcune di queste spese sono fisse, mentre altre possono variare in base ai lavori necessari o ai professionisti scelti.